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lunedì 4 giugno 2012

TERREMOTO, CONFAGRICOLTURA: COME VIVONO L’EMERGENZA LE AZIENDE AGRICOLE DELLE AREE DEVASTATE DAL SISMA. CREPE NEI CAMPI DI 70 METRI, SABBIA LIQUIDA SULLE PIANTE

Fonte: Confagricoltura

Da Finale Emilia (Mo) a Bondeno (Fe), da Medolla (Mo) a Pegognaga (MN), gli agricoltori parlano con una sola voce per esprimere la loro preoccupazione, ma anche la voglia di ripartire e di avviare la ripresa economia dei territori colpiti. Lo sottolinea Confagricoltura che sta monitorando costantemente la situazione nelle zone di emergenza. “Per fortuna la casa, al momento, è salva; i danni veri li hanno avuti tutte le strutture aziendali, a partire dal bellissimo e antico fienile che è diventato quasi un rudere. Come lo rimetteremo in piedi, come ricostruiremo i ricoveri?”. Se lo chiede Carlo Breviglieri, preoccupato anche di dover imparare a convivere con il sisma. “Non avevo mai visto ‘ferite’ del terreno con crepe-voragini lunghe anche 70 metri, che attraversano il mio campo di 8 ettari, piantato a sorgo. Le piantine di 20 cm sono state ricoperte da una sabbia liquida, quasi azzurrina che scaturivano da vulcanelli a forma d’imbuto, una scena surreale, ma dobbiamo andare avanti e, per fortuna, macchine ed attrezzature non hanno sofferto troppo per i crolli, solo un po’ di ammaccature da tegole, ma funzionano ancora: produco anche barbabietole, mais, soia e grano, dove metterò i balloni? “Ci è rimasta solo la terra, è da qui come hanno fatto i miei nonni che dobbiamo ripartire”. Lo dice Giulia Previdi, un’azienda agricola nel modenese con erba medica, vigneto, alberi da frutto di varietà antiche e animali come cavalli e capre. “Eravamo pronti a partire anche con la fattoria didattica, poi il terremoto ha danneggiato sette dei nostri fabbricati rurali, di cui due sono venuti giù completamente, gli altri cinque sono ancora parzialmente in piedi, ma inagibili – spiega l’imprenditrice di Confagricoltura -. Anche la casa che aveva retto bene la prima scossa ha avuto danni seri. Ci resta la nostra buona terra, vorremmo iniziare le lavorazioni colturali ma ci sono sfollati spaventati, che hanno occupato i campi e le strade di campagna, non ce la sentiamo di mandarli via”. Nicola Corradini, 35 anni, un’azienda a seminativo a Vigarano Mainarda (che è stato epicentro del primo sisma del 20 maggio). “Non so se riuscirò a recuperare la casa e i magazzini, faccio di tutto per tenermi occupato, non posso fermarmi, bisogna fare presto a ripartire, speriamo sia possibile”. ”Le mie strutture aziendali hanno retto. Non così quelle del caseificio di Caramasche. Abbiamo 21.000 forme di parmigiano reggiano Dop tra le rovine. E’ il nostro lavoro di due anni, tutta la produzione dello scorso anno e metà di quest’anno. Sono forme a diverso invecchiamento da 0 a 17 mesi – ricorda il mantovano Matteo Lasagna, socio conferitore al caseificio Caramasche, nato nel 1874, di una delle strutture più antiche del territorio per la trasformazione del latte -. Il prodotto danneggiato potrà essere solo grattugiato o fuso”. ”Sono stato fortunato, la mia azienda ha diversi danni alle strutture, ma non ho perso tutto – dice Paolo Caselli, 43 anni di Finale Emilia - . Mi devo mantenere attivo, perché ho voglia di andare avanti. Passo ore sul trattore a lavorare, poi corro da una parte all’altra per rinforzare i pali e fare riparazioni: ora il mio ufficio l’ho spostato in macchina e parcheggio le trattrici e le attrezzature all’aperto”.

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