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giovedì 7 giugno 2012

DISCORSO DELLA PRESIDENTE DELLA PROVINCIA DI FERRARA, MARCELLA ZAPPATERRA, IN OCCASIONE DELLA VISITA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA GIORGIO NAPOLITANO ALLE ZONE TERREMOTATE DELL'EMILIA ROMAGNA

Fonte: Ufficio Stampa Provincia di Ferrara

Sig. Presidente, i Presidenti delle Province colpite (del veneto, della lombardia e dell'emilia romagna) per prima cosa vogliono che Lei sappia che in questi giorni terribili l’abbiamo sentita vicina. Le parole da Lei pronunciate, quando ormai si stavano spegnendo i riflettori sul dramma dell’Emilia, ci sono state di grande conforto e ci hanno fatto capire che non saremmo stati soli. Le siamo grati per questo e La ringraziamo per aver voluto, oggi, con la Sua presenza, confermare questa vicinanza. Lei sa quanto orgogliosi siano gli abitanti di queste terre e quanto vorremmo poter dire, di fronte alla tragedia che ci ha colpito: ci pensiamo noi! D’altra parte molte di queste zone erano povere, coperte di paludi, devastate dalla malaria ed è solo grazie alla laboriosità e all’intraprendenza di chi le abita che sono state trasformate in uno dei luoghi più ricchi, dinamici e moderni d’Italia. Un luogo che ha rapporti col mondo intero e nel quale persone da ogni parte del mondo vivono e lavorano, integrate nel contesto sociale come da poche altre parti si è riusciti a fare. Ma questa volta, sig. Presidente, non siamo in grado di dire: ci pensiamo noi, facciamo da soli con le nostre forze. Le devastazioni che abbiamo subito sono troppo grandi anche per spalle robuste come le nostre. La triste realtà è quella di un territorio profondamente ferito, con morti da piangere e grandi distruzioni. Sono, infatti, centinaia le fabbriche e le case che sono andate distrutte, trascinando con sé le certezze e le speranze che tanti lavoratori, artigiani e imprenditori locali avevano costruito in decine di anni di lavoro. Senza dimenticare, poi, la devastazione di una parte rilevante del nostro patrimonio storico e culturale, che abbiamo ricevuto in eredità dagli Estensi, dai Gonzaga, dai Pico della Mirandola, testimonianza di un passato intellettuale unico e che rappresenta l’orgoglio, il simbolo e un forte elemento di attrazione delle nostre città. E’ doloroso percorrere le nostre campagne e non ritrovare più il paesaggio che le ha fin qui caratterizzate, punteggiato da casolari e fienili bellissimi al servizio di un’agricoltura che in queste zone è all’avanguardia; o non ritrovare più le sagome familiari dei nostri sottili campanili e delle chiese che, insieme alle rocche, ai castelli e ai municipi rappresentano il perno attorno al quale si sono sviluppati centri storici affascinanti, saturi di un’atmosfera densa di quei tratti che definiscono l’Emilia, i suoi colori, i suoi sapori, i suoni di una lingua che testimonia la cordialità e la forza dei suoi abitanti. Non possiamo rassegnarci a vederli senza vita, vogliamo farli rinascere. Il dolore che proviamo, infatti, non annulla la nostra voglia di ricostruire tutto, di recuperare ogni angolo di strada, ogni bottega, ogni piazza, e di vedere di nuovo vive e vitali le nostre città e i nostri borghi. Non credo Sig. Presidente che sentirà persone non convinte di ciò. Anche quelle più duramente colpite dal sisma sono lucide e consapevoli, forti di una determinazione che si posa sulle fondamenta solidissime del legame con la loro terra e del forte sentimento di coesione che contraddistingue queste comunità. Penso di poter dire che sono anche ben consapevoli di come le Istituzioni non siano distanti da loro e di quanto la solidarietà sia un sentimento ancora vivo, come dimostra la presenza di tanti volontari da tutta Italia e l’impegno encomiabile della Protezione Civile. Questa fiducia, che si percepisce dalla compostezza e dalla grande dignità manifestate anche da chi ha perso tutto, ovviamente richiede di essere confermata e sostanziata da azioni chiare e concrete. Stiamo avendo, da questo punto di vista, buone prove: mi riferisco in particolare al decreto predisposto dal Governo, che coglie le sollecitazioni che abbiamo affidato al Presidente Monti e ai diversi Ministri che sono venuti. Voglio, però, Sig. Presidente, riportare l’attenzione di tutti su quello che non potrà essere ricostruito, rimpiazzato o restituito alla comunità. Penso alla vita delle 26 persone uccise dal terremoto e strappate all’affetto delle loro famiglie, degli amici, dei compagni di lavoro. E’ proprio nei confronti di chi ha pagato un tributo così elevato che oggi avvertiamo ancora di più la responsabilità di ricostruire le nostre città con la cura e la sicurezza indispensabili per evitare che queste tragedie possano ripetersi. Sappiamo che servirà tempo, che ci vorrà gradualità per rimettere in sicurezza quel sistema produttivo che rappresenta l’eccellenza di queste zone, ma abbiamo fiducia nel lavoro, nel senso di responsabilità, nelle capacità che le istituzioni avranno di snellire la burocrazia, nello sforzo che le forze sociali ed i cittadini riusciranno a mettere in campo. Oggi siamo ancora in emergenza, giustamente concentrati a dare assistenza alle persone, a trovare un tetto a chi non ce l’ha, per fa ripartire le aziende, le scuole e la vita normale di tutti. Ma già dai prossimi giorni dovremo iniziare a guardare questo territorio con occhi diversi dal passato. Le politiche urbanistiche, la classificazione sismica, le norme costruttive, non potranno più essere come prima. Siamo consapevoli dei problemi che questo potrà comportare, ma dovremmo comprendere anche le grandi opportunità che ne potrebbero derivare. Questa tragedia può rappresentare l’occasione per avviare un grande piano di adeguamento antisismico del paese. Se si mettessero in campo risorse pubbliche dedicate sia alla sicurezza che al risparmio energetico, si potrebbero attivare ingenti risorse private e dare così un contributo anche alla ripresa economica del nostro Paese. Con questo auspicio, che noi assumiamo come un vero e proprio impegno, La ringraziamo nuovamente Sig. Presidente per essere qui a sostenerci in questo difficile momento.

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