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mercoledì 21 dicembre 2011

COLDIRETTI: IN EMILIA-ROMAGNA CRESCE LA PRODUZIONE LORDA VENDIBILE AGRICOLA, MA LE AZIENDE HANNO I CONTI IN ROSSO

Fonte: Coldiretti Ferrara

Secondo le prime stime Coldiretti, il valore della produzione cresce del 3%, ma le aziende producono in perdita a causa di prezzi bassi all’origine e agli alti costi di produzione. Tonello: “con l’aumento del carburante è come lavorare i campi con una Ferrari”. La nostra provincia penalizzata dalla scarsa presenza zootecnica e di vigneti che hanno registrato in tutte le province della regione le migliori performance. Insostenibile vendere al di sotto dei costi di produzione, come è avvenuto per molti prodotti ortofrutticoli l’estate scorsa.

Per il secondo anno consecutivo l’agricoltura dell’Emilia Romagna non riesce a trasformare la sua capacità produttiva in reddito per le aziende. La produzione lorda vendibile (Plv) delle campagne dell’Emilia Romagna è cresciuta di circa il 3% passando dai 4.205 milioni di euro del 2010 ai 4.332 del 2011, ma si tratta di una crescita che non è stata seguita dal reddito delle aziende che è invece in sofferenza.
Il dato è di Coldiretti Emilia Romagna, secondo cui la crescita della Plv, dovuta in generale a un aumento di produzione, non ha significato una crescita del bilancio delle aziende, che hanno dovuto far fronte a una diminuzione generalizzata dei prezzi all’origine dei prodotti e a forti aumenti dei costi di produzione.
A trainare la crescita della Plv, secondo i dati Coldiretti, sono stati i cereali che, nonostante la siccità, hanno fatto registrare una produzione in aumento per quantità e qualità. Buoni i prezzi, anche se non ai livelli che ci si attenderebbe per un paese deficitario come il nostro. “Purtroppo – commenta il presidente di Coldiretti Emilia Romagna, Mauro Tonello – in questo settore il prezzo spesso dipende da gruppi di interesse che riescono a determinare l’andamento delle borse merci secondo la propria volontà”. A deprimere il reddito delle aziende cerealicole, secondo Coldiretti, oltre ai costi di produzione, contribuisce una redistribuzione non equa del valore lungo la filiera.
In crescita il settore del vino, dove l’annata siccitosa ha favorito un’ottima produzione, che dovrebbe assicurare un altro successo dei vini nazionali che hanno superato ormai la Francia nelle esportazioni. Anche a Ferrara si registrano buoni risultati sul piano qualitativo per la produzione di uve e di vini a denominazione d’origine, che si stanno ritagliando uno spicchio di mercato interessante.
La zootecnia, che rappresenta quasi il 50% della Plv regionale, è l’altro settore trainante che ha contribuito alla crescita, grazie soprattutto a una ripresa del settore lattiero caseario, con un aumento dei prezzi del Parmigiano, anche se per questo prodotto si fa strada qualche preoccupazione per il futuro a causa dei nuovi aumenti produttivi. Su questo versante nella nostra provincia dobbiamo lamentare oltre al fatto di non produrre parmigiano reggiano, e nemmeno grana padano, i due alfieri della qualità casearia nazionale, ed una ulteriore contrazione del numero di allevamenti da latte e da carne, ormai a livelli residuali, pur in presenza di realtà aziendali molto professionali che nulla hanno da invidiare agli allevatori di altre province.
Benché la Plv sia in calo, qualche soddisfazione è arrivata per i produttori nel settore delle colture industriali, con risultati a macchia di leopardo sul territorio regionale. I prezzi elevati dello zucchero a livello mondiale hanno trainato la barbabietola da zucchero, con la Plv in diminuzione a causa delle minori semine (dai 26 mila ettari del 2010 ai 20 mila di quest’anno). Buoni anche i risultati del pomodoro con una produzione in leggero calo, ma prezzi soddisfacenti.
Il vero tallone di Achille dell’agricoltura regionale – rileva Coldiretti – è stato quest’anno quello che un tempo ne era il settore di punta: l’ortofrutta. Ad aumenti di produzione generalizzati per pesche, nettarine, mele, pere, ma anche meloni e cocomeri, per citare solo alcune delle produzioni maggiori, ha fatto riscontro un crollo dei prezzi al di sotto dei costi di produzione. In molti casi il prezzo spuntato sul mercato ha a malapena ripagato i costi di raccolta, senza riuscire a coprire tutti gli altri costi di produzione.
“Insieme alla cattiva redistribuzione del valore del prodotto lungo la filiera, proprio i costi di produzione sono un punto debole dell’azienda agricola – ha detto Tonello – perché a ogni centesimo di aumento dei prezzi all’origine, corrisponde purtroppo un aumento dei costi per produrre. Emblematico è l’andamento del carburante per le macchine agricole il cui prezzo è passato dai 50-60 centesimi al litro agli 80 centesimi. E per fortuna che si tratta di carburante con l’accisa ridotta. È una vera mazzata se calcoliamo che una macchina agricola consuma tra i 20 e i 25 litri l’ora. È come lavorare la terra con una Ferrari”.
Secondo dati Coldiretti, sulla base delle rilevazioni dell’Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare), nei primi nove mesi del 2011 i costi a carico delle aziende sono lievitati del 5,1%. Rincari record si sono avuti in particolare per i mangimi, con +16,9%, per i costi energetici (+7,1%) e per i fertilizzanti (+8%).
“L’ortofrutta costituisce una produzione ad alta specializzazione, ad alto valore aggiunto e ad alta occupazione. Colpisce perciò il fatto – commenta Tonello – che con il prezzo di una pacchetto di sigarette si possano pagare al consumo due-tre chili di frutta, ben sapendo il diverso impatto in termini di salute e quindi di costi sociali dei due prodotti. Per il rilancio di altri settori – prosegue Tonello – è necessario instaurare nuovi rapporti con gli altri soggetti della filiera. Per il riso, ad esempio, produzione tipica del ferrarese, non esistono contratti tra aziende agricole e risiere, per cui si produce sulla base dell’andamento dell’anno precedente. Per la barbabietola da zucchero e il pomodoro, i contratti esistono, ma vanno perfezionati. Pensiamo ad esempio al settore del pomodoro dove il prezzo all’origine non trova quasi mai riscontro sul prezzo al consumo. Quest’ultimo a volte è troppo elevato al punto da rendere ininfluente il prezzo pagato ai produttori, a volte è talmente basso da non essere economicamente compatibile con il prezzo all’origine. È necessario arrivare a un gestione dei contratti che si basino sui costi di produzione, per arrivare a definire il valore aggiunto per tutti i soggetti della filiera, fino ad assicurare un prezzo vantaggioso anche per il consumatore”.

Dati produttivi regionali 2011.

I dati produttivi 2011 evidenziano un aumento della Plv agricola regionale del 14% dei cereali (da 581 a 662 milioni di euro) con un risultato produttivo in forte crescita per il mais (+21,3%), in crescita per il sorgo (+6,9%) e il frumento tenero (+1,9%) e in calo per frumento duro (–33,7%), orzo (–10,2%). La Plv frutticola è crollata del 22% (da 709 a 554 milioni di euro), con forti aumenti produttivi per mele (+13,9%), pere (+23,6%) nettarine (+15%), kiwi (+75%). Appena più contenuto il calo del valore degli ortaggi che è diminuito dell’11%, passando da 467,2 a 415,8 milioni di euro. I risultati produttivi evidenziano un aumento dei meloni (+21,8%) della cipolla (+12,9%), dei fagiolini (+9,1%) e delle patate (+2,3%); in calo le fragole (–13,4%) e le zucchine (–12%). Nelle colture industriali è diminuita la produzione di barbabietola da zucchero (–19,2%) del pomodoro (–5,8%) e della soia (–3,7%); mentre è aumentata la produzione di girasole (+3,5%).

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