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martedì 17 aprile 2012

Ortofrutta, Rabboni: "più redditività se si programmano produzione e commercializzazione.

FONTE: REGIONE EMILIA - ROMAGNA

Puntiamo sull'interprofessione." Catania: "le aziende agricole devono fare un salto di qualità in questa direzione. " A Bologna un convegno sulla crisi del settore. Cinque proposte della Regione per il rilancio del settore.

Bologna - Per migliorare e stabilizzare la redditività del comparto ortofrutticolo occorre programmare produzione e commercializzazione, puntando sulle organizzazioni interprofessionali, ovvero quegli organismi in cui vengono condivise le regole di funzionamento dell’intera filiera. Secondo l’assessore regionale all’agricoltura Tiberio Rabboni è questa la prima cosa da fare per contrastare la crisi dell’ortofrutta, una crisi che troppo spesso finisce con il trascinare il prezzo all’origine sotto il costo di produzione e che è dovuta essenzialmente a un eccessivo squilibrio tra un’offerta troppo parcellizzata e una domanda organizzata in pochi grandi gruppi d’acquisto. “A livello regionale e interregionale stiamo procedendo con determinazione – ha spiegato Rabboni oggi a Bologna nel corso di un affollato convegno promosso dalla Regione, ricordando l’organismo interprofessionale del pomodoro da industria del nord Italia nato alla fine del 2011 e l’ormai prossima nascita dell’ interprofessione regionale per le pere, prodotto di cui l’Emilia-Romagna è il principale produttore nazionale. “Il tema - ha però sottolineato - va rilanciato per tutto il comparto, soprattutto a livello nazionale e per questo proponiamo al Ministero di condividere con le Regioni una strategia fondata su regole elastiche che tengano conto delle diverse realtà territoriali, di favorire le aggregazioni che nascono dal basso e di fare di questi organismi gli interlocutori principali delle politiche pubbliche, sia per quanto riguarda il PSR che la futura OCM unica”.
Anche per il ministro delle politiche agricole Mario Catania, che ha concluso i lavori del convegno, è fondamentale che le produzioni si rapportino al mercato in modo unitario e organizzato. ”Sull’interprofessione in Emilia-Romagna si stanno facendo cose importanti – ha detto –ma non ci possiamo fermare qui. Vanno trovate modalità per rafforzare questi strumenti anche a livello nazionale. Se non riusciamo a fare in modo che le imprese facciano un salto di qualità in questa direzione ogni altro provvedimento a favore del settore sarà solo un palliativo.”
L’Italia e l’Emilia-Romagna sono ai vertici della produzione di ortofrutta in Europa. Tuttavia il comparto sta facendo i conti ormai da diversi anni con una situazione di forte difficoltà e con ricorrenti crisi di mercato. Secondo i dati dell’ultimo censimento, dal 2000 al 2010 le aziende frutticole emiliano-romagnole sono calate del 40,20% e quelle orticole del 38,50%. Il comparto ortofrutticolo contribuisce complessivamente per il 29% alla formazione del valore della produzione agricola regionale. Particolarmente negativo il dato del 2011 che ha fatto registrare, per la prima volta nel decennio, una plv (produzione lorda vendibile) di settore inferiore al miliardo di euro, ovvero circa 981 milioni. La crisi ha interessato, in particolare, pesche e nettarine che sono state liquidate con prezzi attorno a 20-25 centesimi di euro al kg, valore largamente inferiore ai costi di produzione sostenuti dalle imprese agricole.

Le cinque proposte della Regione Emilia-Romagna contro la crisi dell’ortofrutta
Non solo organismi interprofessionali. Secondo Rabboni accanto a questo strumento, che pure resta il più importante, per superare le difficoltà del comparto servono anche altri provvedimenti. Si va dalle assicurazioni sul reddito e dai fondi mutualistici, da attivare nel caso di annate negative, a più efficienti modalità di gestione delle crisi a livello europeo, alla creazione di fondi autofinanziati per destinare una quota della produzione ordinaria all’avviamento di nuovi mercati. Il quinto strumento di stabilizzazione è per Rabboni “una buona applicazione dell’articolo 62 del decreto liberalizzazioni, voluto con lungimiranza dal ministro Catania”, che introduce l’obbligo di contratti scritti nei contratti di fornitura e tempi massimi di pagamento. “E’ un provvedimento che non costa nulla alle casse dello Stato – ha spiegato Rabboni – ma che può valere per le aziende agricole un incremento di 250 milioni di euro della liquidità ed oltre 30 milioni di minori costi sulle anticipazioni bancarie”. Al convegno, oltre ai rappresentanti dei principali organismi e associazioni di settore è intervenuto anche il presidente della commissione agricoltura del Parlamento europeo Paolo de Castro e il coordinatore degli assessori regionali all’agricoltura Dario Stefano.

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