Fonte: Ufficio Stampa Cia Ferrara
Diffusi i dati Istat nazionali sul settore che fotografano una buona crescita, anche a livello occupazionale. Oneri previdenziali e tasse sono però alle stelle.
«Il settore primario cresce, dà lavoro e sarà, nei prossimi anni, il vero motore trainante della ripresa economica». Commenta così Lorenzo Boldrini, presidente provinciale di Cia Ferrara, i dati nazionali diffusi negli ultimi giorni dall’Istat. Sono dati importanti e significativi che indicano una crescita del valore aggiunto dell’1,1% e di un aumento degli addetti occupati nel settore addirittura del 6,2%. Anche l’economia agricola ferrarese non delude e rimane, anzi, un settore fondamentale. Basti pensare che, secondo i dati raccolti dalla Camera di Commercio di Ferrara (aprile 2012), il contributo dato dal settore primario – che rappresenta quasi il 26% dell’intera economia territoriale - alla formazione del valore aggiunto provinciale è tra i più elevati d’Italia. Dunque il comparto continua a tenere, nonostante due annate agrarie difficili – quella del 2011 per i prezzi delle pere ai minimi storici e quella del 2012 per la debacle del mais e di altre colture fondamentali – e l’aumento spropositato della tassazione e degli oneri previdenziali. Ma non si parla, semplicemente di una crescita fine a se stessa, ma di un quadro più generale dove l’agricoltura può contribuire fortemente a portare la nostra provincia fuori dalla crisi. «Ho sempre pensato – aggiunge Boldrini – che il settore agricolo potesse fare la differenza nei momenti congiunturali sfavorevoli come quello che stiamo vivendo. Gli imprenditori agricoli sono abituati, forse più degli altri, a sopportare con un’ammirevole pazienza i momenti duri e a scegliere la fase giusta per dare il colpo di reni e cercare di superare il momento critico. Forse perché nel loro lavoro sono abituati ad assecondare il ciclo produttivo che richiede un alternarsi preciso di attesa e azione. Ma fare agricoltura – continua Boldrini – è sempre più dura. Ci sono costi produttivi e contributivi insostenibili che rendono difficile la gestione delle aziende. Basti pensare che gli oneri pagati dagli agricoltori per avere una posizione previdenziale regolare e garantirla ai lavoratori, fissi o stagionali, impiegati in azienda sono i più alti d’Europa. Un gap enorme che potrebbe essere eliminato con alcuni accorgimenti. Innanzitutto – spiega Boldrini – un azzeramento dell’accisa sul gasolio (già ridotta, ad esempio, per le serre), un balzello che rende le lavorazioni agricole e i trasporti eccessivamente onerosi. Poi, naturalmente, una revisione dell’Imu e dei costi previdenziali. Ovviamente non chiediamo solo di togliere e ridurre, ma anche di incentivare e favorire l’insediamento di nuove aziende, la diversificazione delle produzioni, l’acquisto di strumentazioni innovative e la stipula di assicurazioni a tutela del reddito. Importantissimi anche i contributi e la valorizzazione della ricerca e la sperimentazione.
Perché la pazienza e la tenacia degli agricoltori non durerà in eterno e la vitalità e la forza del settore, rara in questo momento di crisi, potrebbe esaurirsi. E le conseguenze ricadrebbero sull’intera economia italiana.»
lunedì 12 novembre 2012
CIA: L’AGRICOLTURA TRASCINA L’ECONOMIA E L’OCCUPAZIONE
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