...in onda su Telestense Ferrara e Lepida Tv [digitale terrestre] >> orari

mercoledì 19 settembre 2012

RICERCA, ITALIA FANALINO DI CODA DELLA UE NEGLI INVESTIMENTI. IL PRESIDENTE DI CONFAGRICOLTURA GUIDI ALL’UNIVERSITA’ DI BARI: “A RISCHIO LA PRODUTTIVITA AGRICOLA.”

Fonte: Confagricoltura

 “Innovare i sistemi agricoli è uno dei prerequisiti per la crescita delle produzioni e della produttività dei mercati e quindi dei redditi. Per innovare, però, serve una costante attività di ricerca ed una spesa pubblica dedicata a questo scopo.” Lo ha detto il presidente di Confagricoltura, intervenendo alla tavola rotonda “L’innovazione in agricoltura e per lo sviluppo rurale: le politiche, la domanda, l’offerta”, organizzata dall’Università di Bari. Il presidente di Confagricoltura ha ricordato che alcuni studi condotti negli Usa dimostrano che c’è una certa correlazione tra minore spesa pubblica per la ricerca agricola e la turbolenza dei mercati degli ultimi anni. Nei Paesi ad alto reddito, negli anni ’70-’80, la spesa pubblica dedicata alla ricerca agricola cresceva del 2,5% circa l’anno. Nel decennio dal 1991 al 2000 siamo scesi a meno dello 0,6%. “Sarà un caso – ha detto Guidi - ma è proprio da allora che è aumentata la volatilità dei prezzi”. “Diminuire la spesa in ricerca – ha continuato il presidente di Confagricoltura - significa comunque mettere a rischio la produzione e la produttività, ad esempio pregiudicando la capacità di fronteggiare le calamità naturali, come la siccità che ha falcidiato i raccolti di quest’anno”. Ecco perché uno dei principali obiettivi di Europa 2020 è quello di aumentare sino al 3% la quota di Pil destinata a finanziare ricerca e innovazione (per tutti i settori non solo per l’agricoltura). Ed in questo l’Italia non solo è indietro, ma ha anche fissato obiettivi di medio periodo poco ambiziosi. Oggi nel nostro Paese, secondo i dati Eurostat, si impegnano risorse per ricerca e innovazione per l’1,26% del Pil. La media dell’Europa a 27 è del 2% e ci sono Paesi che già superano la soglia del 2% del Pil (2,26% la Francia, 2,82% la Germania) e del 3% (Danimarca, Finlandia e Svezia). Ma soprattutto l’Italia è poco ambiziosa: ha fissato come obiettivo una quota dell’1,53% del Pil, uno tra i più bassi d’Europa, superiore solo alle piccole isole e Bulgaria e Lituania. “Certo - ha detto Guidi - la promozione di un’idonea attività di ricerca non si ottiene solo con finanziamenti pubblici. Occorre investire di più anche nel collegamento tra enti ed istituti di ricerca e imprese. E qui i non servono risorse. Servono solo indirizzi politici per avvicinare le imprese ai laboratori, specie quelli pubblici, ricostituendo un rapporto che è venuto meno nel tempo e che è invece un elemento essenziale della rete di conoscenze al servizio della crescita e dell’occupazione”.

2 commenti:

  1. Università e Produttività:
    due perfette sconosciute.
    http://www.ilcittadinox.com/blog/universita-produttivita-una-difficile-conciliazione.html
    Gustavo Gesualdo
    alias
    Il Cittadino X

    RispondiElimina
  2. L'Università come laureificio baronale e di casta, famigliare e parentale di dottori inutili ovvero come centro di ricerca a

    disposizione delle imprese del territorio in cui insiste?

    A quando una Università dell'Olio e dell'Olivo?

    A quando una Università della Pasta e del Pane?

    A quando una Università delle Mozzarelle e dei Formaggi?

    Le università pubbliche nei territori che le accolgono si sono dimostrate dei corpi estranei alle vocazioni territoriali,

    alla produttività ed alla ricerca integrata alla economia locale.

    Non si sono dimostrate volano per lo sviluppo ma solo appendice costosa e dannosa.

    L'università pubblica è autoreferenziale e nutilmente costosa.

    L'università generalista ha i giorni contati.

    L'università della ricerca legata ed innamorata alle vocazioni territoriali è il solo futuro possibile.


    Pare sia arrivata l'ora di uscire dalla convegnistica ed entrare nel vivo di una piattaforma agro-alimentare supportata e

    garantita dalla ricerca universitaria.

    Altrimenti, questi laureifici baronali possiamo anche chiuderli e risparmiare un sacco di denari dei contribuenti.

    E se le università non producono ricerca utile alla economia reale, possiamo chiuderle, senzadubbiamente.

    Il patto fra società e università pubblica è dedinitivamente rotto.

    http://www.ilcittadinox.com/blog/universita-produttivita-una-difficile-conciliazione.html

    Gustavo Gesualdo
    alias
    Il Cittadino X

    RispondiElimina