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giovedì 15 marzo 2012

LAVORO: COLDIRETTI, 300MILA POSTI DA TUTELA MARCHIO MADE IN ITALY

FONTE: COLDIRETTI

La mancata tutela del marchio Made in Italy costa all’Italia almeno 300mila nuovi posti di lavoro solo nell’agroalimentare e supera i cento miliardi all’anno di mancato fatturato. E’ quanto è emerso nel corso della mobilitazione a piazza Montecitorio dell’alleanza per il Made in Italy promossa dalla Coldiretti e dalle associazioni dei consumatori e degli ambientalisti, insieme ai cittadini e ai rappresentanti delle Istituzioni a livello nazionale, regionale e locale, a partire dai Sindaci con circa 300 gonfaloni provenienti dalle diverse Regioni.
Presenti anche il presidente provinciale di Ferrara Mauro Tonello, il direttore Luigi Zepponi, tutti i segretari di zona, 50 soci, rappresentanti degli enti locali comune di Copparo, Unione dei comuni terre e fiumi, comune di Voghiera ed il sindaco di S. Agostino, Fabrizio Toselli.
Il marchio Italia - sottolinea la Coldiretti - è il principale patrimonio del Paese e dovrebbe essere adeguatamente tutelato e rispettato ma, invece è spesso banalizzato, usurpato, contraffatto e sfruttato, come dimostra il caso emblematico del “pecorino” prodotto completamente in Romania con i soldi dello Stato italiano. Un esempio dei troppi casi di disattenzione e sottovalutazione nei confronti di una delle poche leve competitive di cui il Paese dispone per ricominciare a crescere. Lo dimostrano - sottolinea la Coldiretti - le ultime dichiarazioni del Ministro dell’Ambiente Corrado Clini a favore degli Ogm che non tiene conto della crescente opposizione della maggioranza dei cittadini agli organismi geneticamente modificati in agricoltura perchè non pongono solo seri problemi di sicurezza ambientale e alimentare, ma perseguono un modello di sviluppo che è il grande alleato dell'omologazione e il grande nemico della tipicità, della distintività e del Made in Italy,

“A distanza di oltre un anno dell’ultima legge nazionale per rendere obbligatoria l’etichettatura di origine degli alimenti nessuno si è preso la responsabilità di applicarla per fare sapere agli italiani quello che mangiano” ha denunciato il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel sottolineare la gravità del danno poiché, secondo lo studio Coldiretti/Eurispes, il 33 per cento dei prodotti agroalimentari commercializzati in Italia o esportati per un valore di 51 miliardi deriva da materie prime importate e rivendute poi col marchio Made in Italy. Peraltro il solo mercato delle imitazioni dei prodotti italiani all’estero “Italian sounding”, reso possibile dalla insufficiente attenzione ai negoziati sul commercio internazionale, vale 60 miliardi di euro ma - sottolinea la Coldiretti - alimenta il grande business dei ristoranti italiani che non è sempre trasparente, come dimostra il fatto che le prime dieci catene della ristorazione degli Stati Uniti fondano il loro successo proprio su immagini, colori e nomi del Made in Italy che nulla hanno a che fare con la realtà produttiva nazionale. Secondo il magazine americano Restaurants and Institutions, su 400 ristoranti a catena più importanti, 22 sono brand che propongono piatti spesso snaturati della tradizione gastronomica italiana, da “Romano’s Macaroni Grill” a “The Old Spaghetti Factory” fino a “Brio Tuscan Grill” con oltre 2500 punti vendita. Non è un caso se - aggiunge la Coldiretti - un piatto come gli spaghetti alla bolognese che sono considerati il piatto ”italiano piu’ famoso all’estero è completamente sconosciuto nella città emiliana.

La sottovalutazione del patrimonio economico, sociale, ambientale, paesaggistico e culturale rappresentato dall’agricoltura e dal cibo italiano è evidente anche nell’introduzione dell’Imu, che

chi con la terra ci lavora e ci vive si è visto aumentare in maniera maggiore di chi la terra la usa per divertirsi o speculare. Una sperequazione che – ha sostenuto Marini - contrasta completamente con gli obiettivi di equità e crescita e mette a rischio la produzione agricola Made in Italy con un costo per le imprese stimato in oltre un miliardo di euro fra terreni agricoli e fabbricati rurali, dalle stalle ai fienili fino alle cascine e ai capannoni necessari per proteggere trattori e attrezzi.

“L’agricoltura non è stata peraltro neanche invitata al tavolo del lavoro tra Governo e forze sociali nonostante occupi 1,2 milioni di lavoratori dipendenti oltre agli autonomi” ha concluso Marini nel sottolineare peraltro che mentre si discute di articolo 18 e di licenziamenti sarebbe ora che venisse pubblicato al piu’ presto il decreto flussi per il lavoro stagionale degli extracomunitari, in ritardo di 4 mesi, che consentirebbe l’assunzione da parte delle nostre imprese di 35mila lavoratori necessari per non mandare alla malora le produzioni agricole che con la primavera si iniziano a raccogliere, dalle fragole del veronese agli ortaggi della provincia di Latina.

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