Fonte: Fruitimprese
Nonostante la crisi, il calo dei consumi, le difficoltà del credito e l’aggravio burocratico le imprese commerciali private dell’ortofrutta rappresentano un pilastro dell’agricoltura emiliano romagnola: “Le nostre aziende, negli anni, hanno instaurato solidi rapporti di fiducia con le imprese agricole conferenti e costituiscono il loro anello di congiunzione con i consumatori. Le nostre imprese consigliano, orientano, supportano con tecnici qualificati le produzioni e spesso aiutano le aziende agricole ad ottenere reddito anticipando, a volte, quelle risorse finanziarie che le banche non possono o non vogliono concedere”. Giancarlo Minguzzi, presidente dell’omonima società consortile di Alfonsine (RA) e presidente di Fruitimprese Emilia Romagna (l’associazione che riunisce le imprese private dell’ortofrutta dell’Emilia-Romagna, che lavorano 1 milione di tonnellate di prodotto all’anno, per 700 milioni di fatturato e il 60% di export) alla recente assemblea dell’associazione è intervenuto sui principali temi di attualità legati all’ortofrutta.
“Si delinea una tendenza a forme di aggregazione per migliorare l’aspetto strutturale del sistema. Un esempio è dato dall’Organizzazione Interprofessionale della Pera, alla quale anche noi partecipiamo. Questo Organismo interprofessionale è il secondo che ha visto la luce in Emilia-Romagna dopo quello del pomodoro da industria. L’Organismo consentirà di condividere le regole di funzionamento dell’intera filiera e dare una risposta efficace alle difficoltà comuni a tutto il comparto ortofrutticolo dovute, come è noto, all’eccessivo squilibrio tra l’offerta e la domanda organizzata in pochi grandi gruppi d’acquisto”.
Minguzzi è intervenuto anche sull’art.62 del decreto “Cresci Italia”. “Una grande novità per il settore. Nato per stroncare le pratiche commerciali sleali ha, però, di fatto creato un appesantimento degli aspetti gestionali dell’attività lavorativa. Molte associazioni, tra cui Fruitimprese, stanno pressando Parlamento e Ministeri perché al più presto si ponga rimedio al formalismo e alle complicazioni che stanno penalizzando l’intera filiera agroalimentare. C’è attesa per il secondo decreto attuativo da parte del Ministero contenente alcune semplificazioni che riguardano non tanto le scadenze di pagamento (30 giorni per i deperibili e 60 per i non), quanto piuttosto le fatture differite e quelle promiscue, nonché il chiarimento che la normativa si applica solo alle gestioni in Italia”.
Ad ogni modo – commenta Minguzzi - si deve valutare molto positivamente l’introduzione di regole e paletti che limitino gli abusi della GDO.”Secondo la stima di alcuni operatori, l'accorciamento dei tempi di pagamento ha generato alla GDO un esborso di 3 miliardi di euro a favore dei fornitori. Le conseguenze sono state rilevanti, tali da sconvolgere i piani finanziari di alcune catene della distribuzione. Vi è però stata una contro-reazione della GDO nei confronti dei fornitori, generalmente di due tipi:
- richiesta di migliori condizioni economiche di fornitura (sconti);
- congelamento del debito verso i fornitori al 24 ottobre 2012”.
Ritengo – conclude Minguzzi – “che tali correttivi siano apertamente in contrasto con lo spirito della normativa e che sia opportuno intervenire, tramite Fruitimprese e gli Organismi interprofessionali per limitare l’incidenza negativa di queste contromisure”.
I nuovi termini di pagamento hanno avuto anche effetti negativi per le imprese agricole per quanto riguarda i tempi di pagamento degli acquisti di prodotti come piante, sementi, etc. “Ad esempio, molti agricoltori erano abituati a pagare le piante a 90-120 giorni o anche più a lungo termine: in questo caso l'obbligo del rispetto dei tempi di pagamento a 60 giorni ha peggiorato le condizioni finanziarie dell'agricoltore. In ragione di ciò, molti produttori si sono trovati nella condizione di dover chiedere alle nostre Aziende di anticipare loro anche le somme necessarie per questi nuovi impegni”.
E ciò in un contesto in cui le difficoltà di accesso al credito penalizzano anche le nostre Imprese. “L'Italia è, infatti, il Paese europeo in cui le condizioni del credito alle PMI sono più difficili, come ha rilevato l’ultimo bollettino della Bce.
In questo quadro allarmante si è aggiunto un iniquo aggravio fiscale (Imu) sugli immobili strumentali posseduti dalle imprese. Un pesante aumento per il sistema delle imprese già gravato da una pressione fiscale più elevata rispetto alla media europea, che a livello di singola impresa si è concretizzato in un aumento di diverse migliaia di euro annui”.
L’agroalimentare è un pilastro del made in Italy: lo confermano i 32 miliardi di export raggiunti nel 2012. L’agricoltura può essere un motore di ritorno alla crescita: “Un obiettivo – conclude Minguzzi – che deve far leva su tutti i soggetti della filiera, ma in modo particolare sulla creatività delle libere iniziative imprenditoriali, di cui le nostre Imprese sono la più alta espressione. Sono convinto che il nostro Paese potrà ritrovare una via sostenibile di sviluppo e competitività sui mercati locali e globali solo se saprà valorizzare e tutelare la creatività di queste imprese che oggi sono soffocate da sterili adempimenti burocratici, da un’imposizione fiscale iniqua, da difficoltà di accesso al credito e da disparità di trattamento rispetto ad altri omologhi soggetti della Filiera”.
giovedì 9 maggio 2013
FRUITIMPRESE EMILIA ROMAGNA: ART.62 DA SEMPLIFICARE MINGUZZI: “CREDITO E IMU OSTACOLI ALLA CRESCITA”
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