Fonte: Confagricoltura Ferrara
"La coltivazione del grano duro è fondamentale e le imprese agricole italiane ne detengono la leadership produttiva su scala mondiale. Il vero problema resta la volatilità delle quotazioni internazionali che condiziona la produzione. L'altalena dei prezzi ha impedito programmazioni sul lungo periodo e genera un preoccupante stato di indecisione e disaffezione" - rileva il Presidente di Confagricoltura Ferrara, Nicola Gherardi.
"Per effetto anche dell'OCM Zucchero che ha drasticamente ridotto in Italia la coltivazione della barbabietola da zucchero, riduzione particolarmente sentita a Ferrara tradizionalmente bieticola, nell'arco di un quinquennio la superficie a grano duro è aumentata di circa il 185%, raggiungendo i 28.200 ettari, con una produzione complessiva di 1.325.400 quintali".
"Dopo un inverno piovoso, ma nella norma, si è registrato un periodo tardo-invernale e d'inizio primavera particolarmente caldo e siccitoso, tale da creare apprensione per la tenuta della coltura. A tal proposito, solo l'andamento meteorologico di maggio confermerà o meno l'effettiva presenza di danni. Certamente la pioggia caduta nella nottata di martedì e nella mattinata di mercoledì scorsi è stata opportuna".
Il Presidente degli imprenditori agricoli ferraresi sottolinea come non ci siano certezze su come andrà il mercato nella prossima campagna. Le stime attuali indicano che la produzione di grano duro diminuirà di circa l'8% in Europa, in particolare in Italia, dove si prospetta un raccolto di 3,5 milioni di tonnellate, mentre potrebbe aumentare del 20% nel Nord America.
"L'incertezza - rimarca Gherardi - genera sfiducia e provoca una minore propensione a investire nella coltivazione, temendo di non recuperare neppure i costi vivi che ammontano a circa 800/900 euro per ettaro. Il pericolo per tutta la filiera del grano duro è quello di perdere zone coltivate, soprattutto nelle aree dove le alternative colturali non ci sono, scendendo così sotto quella quota produttiva e di mercato necessaria al nostro Paese per mantenere il ruolo di riferimento che gli spetta in questo specifico settore della cerealicoltura. E gli effetti di questa 'perdita di terra' non si fermano all'ambito economico, ma incidono anche sul piano ambientale, sociale e culturale, danneggiando inoltre l'immagine dell'intero comparto agroalimentare".
"Nel 2007 il prezzo del grano era di soli 150 euro a tonnellata, così basso da spingere i cerealicoltori italiani ad abbandonare la coltivazione di 300 mila ettari dedicati a questa produzione. L'anno successivo - prosegue Nicola Gherardi - il prezzo è salito a 500 euro a tonnellata, ma se per le due campagne consecutive la quotazione si fosse stabilizzata a 250 euro la filiera nazionale non avrebbe dovuto rinunciare a quei 300mila ettari su scala nazionale".
"Da Bruxelles e dalla politica agricola comune rinnovata dopo il 2013 - conclude il Presidente di Confagricoltura Ferrara - ci attendiamo la difesa dell'autoapprovvigionamento nazionale. L'industria non può strutturalmente dipendere per oltre il 50% dalle importazioni. C'è quindi la necessità di fare sistema, c'è l'esigenza di rafforzare la filiera, con rapporti trasparenti per un comune obiettivo: quello di rilanciare un prodotto come la pasta, made in Italy per eccellenza, che è conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo".
venerdì 6 maggio 2011
ANNATA CON MOLTE INCOGNITE PER LA FILIERA DEL GRANO DURO
Etichette:
Confagricoltura Ferrara,
filiera,
grano duro,
Nicola Gherardi,
prezzi,
volatilità
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento