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lunedì 28 marzo 2011

CINA: COLDIRETTI, + 40 % POMODORO SBARCATO IN ITALIA (115 MLN DI KG)

Fonte: Coldiretti Ferrara

Viene confezionato in Italia con il tricolore senza informazioni in etichetta

Aumentano del 40 per cento gli sbarchi di concentrato di pomodoro dalla Cina nel 2010 che superano in totale i 115 milioni di chili, un quantitativo record che corrisponde a circa il 15 per cento della produzione di pomodoro fresco destinato alla trasformazione realizzata in Italia. Lo rende noto la Coldiretti in occasione della presentazione del primo rapporto "Dai lager cinesi alle nostre tavole?" elaborato dalla Laogai Research Foundation dal quale emerge che sono circa un milione i detenuti in Cina costretti ai lavori forzati nell’agroalimentare in imprese Lager, i cosiddetti Laogai, su 1,4 milioni di ettari di terreni che producono per il mercato interno e per l’esportazione. I pomodori conservati sono - sottolinea la Coldiretti - la prima voce delle importazioni agroalimentari dalla Cina delle quali rappresentano oltre 1/3 in quantità (42 per cento) nel 2010. Ma dal gigante asiatico sono arrivati anche 96,1 milioni di chili di ortaggi e legumi (+10 per cento), 12,8 milioni di chili di frutta (+58 per cento) e 4,5 milioni di chili di aglio (+50 per cento). Peraltro la bilancia commerciale nell’agroalimentare è profondamente squilibrata con importazioni dalla Cina in valore che sono state pari a 498 milioni di euro superiori di due volte e mezzo – precisa la Coldiretti - alle esportazioni del Made in Italy nel paese asiatico per un importo di 192 milioni di euro.
La Cina - riferisce la Coldiretti - ha iniziato la coltivazione di pomodoro per l’industria nel 1990 e oggi, dopo aver superato l’Unione Europea, rappresenta il secondo bacino di produzione dopo gli Stati Uniti. Dalle navi sbarcano fusti di oltre 200 chili di peso con concentrato da rilavorare e confezionare come italiano poiché nei contenitori al dettaglio è obbligatorio indicare solo il luogo di confezionamento, ma non quello di coltivazione del pomodoro. Ogni giorno in media arrivano nei porti italiani oltre mille fusti di concentrato di pomodoro dalla Cina che finisce sulle tavole mondiali come condimento tipico dei piatti Made in Italy. Una situazione insostenibile per i consumatori e i produttori del Made in Italy che provoca danni economici diretti e di immagine al prodotto “nostrano” sul quale pesano gli effetti di una concorrenza sleale dovuta a situazioni di dumping sul piano sanitario, ambientale e sociale. Se gli standard sanitari sono diversi rispetto a quelli dell’Unione Europea, la produzione in Cina sembra essere anche realizzata con sfruttamento del lavoro forzato dei detenuti da parte di molte imprese cinesi impegnate nell'export alimentare, secondo la denuncia Laogai National Foundation.
Con la rapida crescita che ha consentito alla Cina di raggiungere il secondo posto nell’economia mondiale, il gigante asiatico nel 2010 ha conquistato anche il primato nel numero di notifiche per prodotti alimentari irregolari perché contaminati dalla presenza di micotossine, additivi e coloranti al di fuori dalle norme di legge, da parte dell’Unione Europea, secondo le elaborazioni Coldiretti sulla base della Relazione sul sistema di allerta per gli alimenti dalla quale si evidenzia che su un totale di 3.291 allarmi per irregolarità ben 418 (13 per cento) hanno riguardato la Cina per pericoli derivanti dalle contaminazioni dovute sopratutto a materiali a contatto con gli alimenti.

Il pomodoro è il condimento maggiormente acquistato dagli italiani che si stima consumano in famiglia circa 550 milioni di chili di pomodori in scatola o in bottiglia. Ogni famiglia - conclude la Coldiretti - durante l'anno acquista almeno 31 kg di pomodori trasformati e, a essere preferiti, sono stati nell'ordine i pelati (12 Kg), le passate (11 Kg), le polpe o il pomodoro a pezzi (5 Kg) e i concentrati e gli altri derivati (3 Kg). Nel settore del pomodoro da industria sono impegnati in Italia oltre 8mila imprenditori agricoli che coltivano su circa 85.000 ettari, 178 industrie di trasformazione in cui trovano lavoro ben 20mila persone, con un valore della produzione superiore ai 2 miliardi di euro.

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