Fonte: Coldiretti Emilia - Romagna
Spesa record in Italia per il gelato che nel 2015 raggiunge i 2,5 miliardi anche sotto la spinta dell’’anno piu’ caldo di sempre con una temperatura superiore di 1,42 gradi la media di riferimento che ha cambiato il menu degli italiani anche con consumi piu’ elevati di frutta e bevande. E’ quanto afferma la Coldiretti nel sottolineare che nonostante l'estate si confermi la stagione privilegiata per il consumo di coni e coppette si è verificata una decisa tendenza alla destagionalizzazione anche per le alte temperature fatte segnare nei mesi autunnali, in occasione della 37^ edizione del salone internazionale di gelateria, pasticceria e panificazione artigianali " Sigep " a Rimini. Sul mercato nazionale – sottolinea la Coldiretti - i consumi sono aumentati attorno ai 6 chilogrammi pro capite, pari a circa 380mila tonnellate ma in espansione è l'export con ottime prospettive non solo in ambito europeo, ma anche in America e Asia, anche grazie all’appuntamento dell’Expo. Sono circa 40mila le gelaterie in Italia dove - precisa la Coldiretti - si stima lavorino oltre 150mila addetti ma rilevante è anche l’impatto sull’indotto con l’utilizzo di 220mila tonnellate di latte, 64mila di zuccheri, 21mila di frutta fresca e 29mila di materie prime. Va per questo sottolineata - precisa la Coldiretti - l’importanza della frutta e del latte freschi italiani nella preparazione del vero gelato dove purtroppo rischiano di prevalere surrogati di bassa qualità. Da segnalare negli ultimi in boom in Italia delle agrigelaterie che garantiscono la provenienza della materia prima dalla stalla alla coppetta con gusti che vanno dal latte di asina a quello di capra fino alla bufala. Nelle agrigelaterie - continua la Coldiretti - è particolarmente curata la selezione degli ingredienti, dal latte alla frutta, che sono rigorosamente freschi con gusti a “chilometri zero” perché ottenuti da prodotti locali che non devono essere trasportati con mezzi che sprecano energia ed inquinano l'ambiente. Una risposta alla ricerca di genuinità nel consumo di gelato che - sostiene la Coldiretti - è dimostrata dal fatto che tra le ultime tendenze si è assistito al tramonto dei gusti “artificiali”, come ad esempio il puffo, ad una riscoperta dei gusti di stagione e locali ottenuti da prodotti caratteristici del territorio. Una spinta che ha favorito la creatività nella scelta degli ingredienti che valorizza i primati di varietà e qualita’ della produzione agroalimentare nazionale, dal gusto di basilico fino al prosecco ma ci sono anche - continua la Coldiretti - le gelaterie tradizionali che si riforniscono dai produttori agricoli, creando gusti rigorosamente a km zero e garantiti dal marchio “Campagna Amica nel gelato”, che vanno dall’albicocca e Albana di Romagna alle more di gelso nero, dalle pesche di Montelabbate fino al fiordilatte di capra o allo squacquerone. In epoca moderna – conclude la Coldiretti - la storia del gelato risale alla prima metà del XVI secolo nella corte medicea di Firenze con l'introduzione stabile di sorbetti e cremolati nell'ambito di feste e banchetti, anche se fu il successo dell’export' in Francia a fare da moltiplicatore globale con il debutto ufficiale in terra americana: con l’apertura della prima gelateria a New York nel 1770 grazie all'imprenditore genovese Giovanni Bosio.
lunedì 25 gennaio 2016
BRUXELLES, GUIDI (CONFAGRICOLTURA) SCRIVE ALLA MOGHERINI: «GLI ACCORDI DI LIBERO SCAMBIO NON FAVORISCONO LE IMPRESE AGRICOLE»
Fonte: Confagricoltura
Confagricoltura mette in guardia la Commissione europea sugli impatti degli accordi di libero scambio che sono stati sottoscritti nel tempo dall’UE e che sono ancora in corso di verifica. Possono essere, indubbiamente, un’opportunità per la crescita del settore agricolo e agroalimentare, però «vanno evitati gli impatti negativi che si verificano quando manca la piena reciprocità delle regole e quindi si determinano condizioni di distorsione di concorrenza». In una lettera del presidente di Confagricoltura Mario Guidi all’alto rappresentante dell'Unione per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza e vicepresidente della Commissione europea Federica Mogherini, tra l’altro, sono ricordate le intese in particolare con Marocco e Tunisia. La lettera è stata anche inviata ai Commissari europei per il commercio Malstroem e dell’agricoltura Hogan, nonché agli europarlamentari italiani interessati alla materia. Per quanto riguarda il Marocco c’è stata una recente sentenza della Corte di Giustizia dell' Ue che ha in parte annullato l'accordo commerciale che Bruxelles aveva siglato con Rabat. L' Alta Corte, infatti, ha accolto il ricorso presentato dal Saharawi (Sahara Occidentale), Stato che invece il Marocco ritiene di aver annesso. Confagricoltura ha chiesto alla Commissione di cogliere l’occasione di questa sentenza per operare una revisione sostanziale di questo accordo, che ha registrato un volume di affari che supera i 30 milioni di euro quasi tutti a favore delle esportazioni di ortofrutta dal Paese nord africano, con innegabili riflessi anche su comparti chiave della nostra agricoltura; basti pensare agli agrumi che attraversano oggi una congiuntura di mercato particolarmente negativa. Confagricoltura ha stigmatizzato anche la proposta in discussione relativa all’autorizzazione alla Tunisia per aumentare il contingente di olio importato in Europa; è «una misura diretta a sostenere la ripresa nell'attuale periodo di difficoltà in cui si trova il Paese, ma che può avere ripercussioni enormi sull’olivicoltura europea e italiana». «Più in generale, vi sono specifici comparti produttivi – ha concluso Confagricoltura - che soffrono a causa degli accordi internazionali anziché beneficiarne, come sarebbe auspicabile in una logica win win di mutuo vantaggio. Nel definire le intese bilaterali bisogna stare attenti alle modalità applicative e a come si esplicano taluni meccanismi (dalle regole di origine ai prezzi dichiarati in dogana) che rischiano di alterare gli effetti delle concessioni».
Confagricoltura mette in guardia la Commissione europea sugli impatti degli accordi di libero scambio che sono stati sottoscritti nel tempo dall’UE e che sono ancora in corso di verifica. Possono essere, indubbiamente, un’opportunità per la crescita del settore agricolo e agroalimentare, però «vanno evitati gli impatti negativi che si verificano quando manca la piena reciprocità delle regole e quindi si determinano condizioni di distorsione di concorrenza». In una lettera del presidente di Confagricoltura Mario Guidi all’alto rappresentante dell'Unione per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza e vicepresidente della Commissione europea Federica Mogherini, tra l’altro, sono ricordate le intese in particolare con Marocco e Tunisia. La lettera è stata anche inviata ai Commissari europei per il commercio Malstroem e dell’agricoltura Hogan, nonché agli europarlamentari italiani interessati alla materia. Per quanto riguarda il Marocco c’è stata una recente sentenza della Corte di Giustizia dell' Ue che ha in parte annullato l'accordo commerciale che Bruxelles aveva siglato con Rabat. L' Alta Corte, infatti, ha accolto il ricorso presentato dal Saharawi (Sahara Occidentale), Stato che invece il Marocco ritiene di aver annesso. Confagricoltura ha chiesto alla Commissione di cogliere l’occasione di questa sentenza per operare una revisione sostanziale di questo accordo, che ha registrato un volume di affari che supera i 30 milioni di euro quasi tutti a favore delle esportazioni di ortofrutta dal Paese nord africano, con innegabili riflessi anche su comparti chiave della nostra agricoltura; basti pensare agli agrumi che attraversano oggi una congiuntura di mercato particolarmente negativa. Confagricoltura ha stigmatizzato anche la proposta in discussione relativa all’autorizzazione alla Tunisia per aumentare il contingente di olio importato in Europa; è «una misura diretta a sostenere la ripresa nell'attuale periodo di difficoltà in cui si trova il Paese, ma che può avere ripercussioni enormi sull’olivicoltura europea e italiana». «Più in generale, vi sono specifici comparti produttivi – ha concluso Confagricoltura - che soffrono a causa degli accordi internazionali anziché beneficiarne, come sarebbe auspicabile in una logica win win di mutuo vantaggio. Nel definire le intese bilaterali bisogna stare attenti alle modalità applicative e a come si esplicano taluni meccanismi (dalle regole di origine ai prezzi dichiarati in dogana) che rischiano di alterare gli effetti delle concessioni».
COLDIRETTI: IL 26 GENNAIO ALLA SALA CONFERENZE DELLA CAMERA DI COMMERCIO DI FERRARA SI PARLA DI RESPONSABILITA’ SOCIALE IMPRESE
Fonte: Coldiretti Ferrara
Conciliare obiettivi economici, sociali e ambientali nella realizzazione del proprio lavoro imprenditoriale: se ne parla martedì 26 gennaio dalle 9.30 alla Camera di Commercio di Ferrara a conclusione del percorso di monitoraggio e promozione delle pratiche di responsabilità sociale delle imprese, con la testimonianza di alcune importanti aziende ferraresi. Durante il seminario la presentazione del bando sull’innovazione e diffusione degli strumenti di marketing digitale.
Si terrà presso la sala conferenze della Camera di Commercio di Ferrara, in Largo Castello, 10, il 26 gennaio, a partire dalle 9.30, il seminario pubblico “Responsabilità Sociale d’Impresa: esperienze, buone prassi ed incentivi alle imprese ferraresi”. Con questo appuntamento si vuole valorizzare l’impegno delle imprese ferraresi che hanno saputo conciliare gli obiettivi economici con quelli sociali ed ambientali, creare modelli di sviluppo sostenibile, facilitare il dialogo tra gli attori della filiera nel rispetto della trasparenza e dellalegalità. Aderendo al percorso verso la responsabilità sociale le imprese decidono, attraverso un processo volontario di autoregolamentazione, che non comporta gravosi adempimenti burocratici aggiuntivi, di integrare nelle proprie operazioni commerciali e nei propri rapporti con le parti interessate attenzioni e preoccupazioni di carattere sociale ed ecologico. Non esiste alcun tipo di vincolo che impone alle imprese l’adozione di politiche e strategie di responsabilità sociale, ma è l’impresa stessa che si impegna volontariamente ad andare oltre i limiti di legge perché ritiene che le pratiche di RSI siano in linea con la propria filosofia ed i propri fini aziendali. Con questo incontro Camera di commercio e Provincia di Ferrara, con il contributo della Regione Emilia- Romagna, finanziatrice del progetto, intendono valorizzare l’impegno di 41 imprese ferraresi che hanno saputo conciliare gli obiettivi economici con quelli sociali ed ambientali,creare modelli di sviluppo sostenibile, facilitare il dialogo tra gli attori della filiera nel rispetto della trasparenza e della legalità. L’iniziativa sarà, inoltre, l'occasione per conoscere da vicino contenuti e modalità di partecipazione al nuovo bando della Camera di commercio a sostegno di progetti per la ricerca, l'innovazione, l'adozione di sistemi di certificazione e la diffusione di strumenti di marketing digitale. Porteranno le proprie testimonianze imprese ferraresi leader nel settore della RSI quali LaValle Trasporti, Village For All ed il Consorzio Pescatori di Goro. La partecipazione è gratuita previa iscrizione on-line, sul sito della Camera di Commercio di Ferrara.
Conciliare obiettivi economici, sociali e ambientali nella realizzazione del proprio lavoro imprenditoriale: se ne parla martedì 26 gennaio dalle 9.30 alla Camera di Commercio di Ferrara a conclusione del percorso di monitoraggio e promozione delle pratiche di responsabilità sociale delle imprese, con la testimonianza di alcune importanti aziende ferraresi. Durante il seminario la presentazione del bando sull’innovazione e diffusione degli strumenti di marketing digitale.
Si terrà presso la sala conferenze della Camera di Commercio di Ferrara, in Largo Castello, 10, il 26 gennaio, a partire dalle 9.30, il seminario pubblico “Responsabilità Sociale d’Impresa: esperienze, buone prassi ed incentivi alle imprese ferraresi”. Con questo appuntamento si vuole valorizzare l’impegno delle imprese ferraresi che hanno saputo conciliare gli obiettivi economici con quelli sociali ed ambientali, creare modelli di sviluppo sostenibile, facilitare il dialogo tra gli attori della filiera nel rispetto della trasparenza e dellalegalità. Aderendo al percorso verso la responsabilità sociale le imprese decidono, attraverso un processo volontario di autoregolamentazione, che non comporta gravosi adempimenti burocratici aggiuntivi, di integrare nelle proprie operazioni commerciali e nei propri rapporti con le parti interessate attenzioni e preoccupazioni di carattere sociale ed ecologico. Non esiste alcun tipo di vincolo che impone alle imprese l’adozione di politiche e strategie di responsabilità sociale, ma è l’impresa stessa che si impegna volontariamente ad andare oltre i limiti di legge perché ritiene che le pratiche di RSI siano in linea con la propria filosofia ed i propri fini aziendali. Con questo incontro Camera di commercio e Provincia di Ferrara, con il contributo della Regione Emilia- Romagna, finanziatrice del progetto, intendono valorizzare l’impegno di 41 imprese ferraresi che hanno saputo conciliare gli obiettivi economici con quelli sociali ed ambientali,creare modelli di sviluppo sostenibile, facilitare il dialogo tra gli attori della filiera nel rispetto della trasparenza e della legalità. L’iniziativa sarà, inoltre, l'occasione per conoscere da vicino contenuti e modalità di partecipazione al nuovo bando della Camera di commercio a sostegno di progetti per la ricerca, l'innovazione, l'adozione di sistemi di certificazione e la diffusione di strumenti di marketing digitale. Porteranno le proprie testimonianze imprese ferraresi leader nel settore della RSI quali LaValle Trasporti, Village For All ed il Consorzio Pescatori di Goro. La partecipazione è gratuita previa iscrizione on-line, sul sito della Camera di Commercio di Ferrara.
SACCA DI GORO, CASTIGLIONE: UNA LICENZA SPECIFICA DI PESCA PER LA RACCOLTA DEL NOVELLAME
Fonte: Mipaaf
Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali rende noto che si è svolta giovedì 21 Gennaio presso il Mipaaf la riunione sulle problematiche relative all’attività di cattura delle vongole veraci con le idrorasche e idrorasche da fondo, nell’area di tutela biologica per l’incremento della risorsa – nursery – della Sacca di Goro (FE). Alla riunione, presieduta dal Sottosegretario con delega alla pesca Giuseppe Castiglione, erano presenti i rappresentanti della Regione Emilia Romagna, la Capitaneria di Porto di Ravenna, i consorzi di pescatori di Goro, le associazioni di categoria locali e alcuni rappresentanti del mondo della ricerca e dell’università. Il confronto si è concentrato sulla richiesta al Ministero da parte dei consorzi dell’utilizzo dell’idrorasca per la cattura del novellame nella nursery. Nel corso dell’incontro il Ministero ha proposto di adottare il rilascio di una specifica licenza di pesca per la raccolta del novellame attraverso l’utilizzo di tali attrezzi nell’area della nursery della Sacca di Goro oltre le 0,3 miglia dalla costa, per un numero definito di imbarcazioni e per un limitato quantitativo di prodotto, riprendendo quanto stabilito dalla normativa che disciplina la pesca del novellame da allevamento contenuta nel decreto ministeriale del 7 agosto 1996, e adattandolo alle esigenze di carattere eccezionale della situazione. “Sono molto soddisfatto dell’accordo raggiunto oggi tra il Ministero e gli operatori del settore - ha sottolineato il Sottosegretario Castiglione – grazie al dialogo tra le parti abbiamo raggiunto un risultato che unisce l’esigenza della tutela della risorsa e con l’attività di pesca delle 1400 imprese che operano nella zona. Il lavoro di oggi conferma ancora una volta la continua attenzione che l’attuale Governo rivolge alle esigenze che provengono dai pescatori. Il nostro impegno – ha concluso il Sottosegretario - sarà ora di procedere verso l’attivazione di un tavolo di confronto in cui il Ministero, la Regione, le associazioni e i consorzi di gestione arrivino a breve alla definizione del testo di una concessione specifica al fine portare a conclusione stabilmente la questione”. L’idrorasca è un rastrello idraulico di piccole dimensioni che utilizza una pompa a motore per alimentare i getti d’acqua a pressione. Secondo il Decreto Ministeriale del 7 agosto 1996 la pesca del novellame di molluschi bivalvi deve essere esercitata con strumenti azionati a mano. Lo stesso decreto fa salva una espressa autorizzazione per la pesca del novellame con l’uso di attrezzi meccanici, ma occorre considerare che il vincolo di destinazione dell’area in questione è normato dalla Regione.
Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali rende noto che si è svolta giovedì 21 Gennaio presso il Mipaaf la riunione sulle problematiche relative all’attività di cattura delle vongole veraci con le idrorasche e idrorasche da fondo, nell’area di tutela biologica per l’incremento della risorsa – nursery – della Sacca di Goro (FE). Alla riunione, presieduta dal Sottosegretario con delega alla pesca Giuseppe Castiglione, erano presenti i rappresentanti della Regione Emilia Romagna, la Capitaneria di Porto di Ravenna, i consorzi di pescatori di Goro, le associazioni di categoria locali e alcuni rappresentanti del mondo della ricerca e dell’università. Il confronto si è concentrato sulla richiesta al Ministero da parte dei consorzi dell’utilizzo dell’idrorasca per la cattura del novellame nella nursery. Nel corso dell’incontro il Ministero ha proposto di adottare il rilascio di una specifica licenza di pesca per la raccolta del novellame attraverso l’utilizzo di tali attrezzi nell’area della nursery della Sacca di Goro oltre le 0,3 miglia dalla costa, per un numero definito di imbarcazioni e per un limitato quantitativo di prodotto, riprendendo quanto stabilito dalla normativa che disciplina la pesca del novellame da allevamento contenuta nel decreto ministeriale del 7 agosto 1996, e adattandolo alle esigenze di carattere eccezionale della situazione. “Sono molto soddisfatto dell’accordo raggiunto oggi tra il Ministero e gli operatori del settore - ha sottolineato il Sottosegretario Castiglione – grazie al dialogo tra le parti abbiamo raggiunto un risultato che unisce l’esigenza della tutela della risorsa e con l’attività di pesca delle 1400 imprese che operano nella zona. Il lavoro di oggi conferma ancora una volta la continua attenzione che l’attuale Governo rivolge alle esigenze che provengono dai pescatori. Il nostro impegno – ha concluso il Sottosegretario - sarà ora di procedere verso l’attivazione di un tavolo di confronto in cui il Ministero, la Regione, le associazioni e i consorzi di gestione arrivino a breve alla definizione del testo di una concessione specifica al fine portare a conclusione stabilmente la questione”. L’idrorasca è un rastrello idraulico di piccole dimensioni che utilizza una pompa a motore per alimentare i getti d’acqua a pressione. Secondo il Decreto Ministeriale del 7 agosto 1996 la pesca del novellame di molluschi bivalvi deve essere esercitata con strumenti azionati a mano. Lo stesso decreto fa salva una espressa autorizzazione per la pesca del novellame con l’uso di attrezzi meccanici, ma occorre considerare che il vincolo di destinazione dell’area in questione è normato dalla Regione.
RIFORMA PA, MIPAAF: NASCE IL COMANDO PER LA TUTELA FORESTALE, AMBIENTALE E AGROALIMENTARE
Fonte: Mipaaf
Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali rende noto che con l’approvazione della Riforma della Pubblica Amministrazione nasce il Comando per la Tutela Forestale, Ambientale e Agroalimentare, attraverso la riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato all’interno dell’Arma dei Carabinieri. “Con la riforma – ha dichiarato il Ministro Maurizio Martina – riorganizziamo le funzioni di polizia impegnate sul fronte agroambientale, dotando l'Italia di una moderna struttura in grado di assicurare sempre meglio prevenzione e repressione su questo fronte. Uniamo le forze e potenziamo gli strumenti operativi. Il nuovo Comando assicurerà professionalità, specializzazione e un ramificato presidio del territorio rappresentando di certo una delle esperienze più avanzate d'Europa”.
LE PRINCIPALI NOVITÁ DELLA RIORGANIZZAZIONE
- POTENZIATA LA TUTELA AGROAMBIENTALE
Dalla riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato nell’Arma dei Carabinieri nasce il Comando per la Tutela Forestale, Ambientale e Agroalimentare. Una grande forza che potenzia le capacità dell'Italia di preservare e difendere il suo patrimonio paesaggistico, ambientale e agroalimentare. 7 mila uomini specializzati impiegati sul campo.
- PERCHÈ I CARABINIERI
L’Arma dei Carabinieri, per il modello organizzativo e operativo di presidio del territorio, garantisce il più alto livello di potenziamento della tutela agroambientale. Negli anni proprio i Carabinieri hanno sviluppato anche competenze specifiche in questo campo con Nuclei specializzati come i Nac (Nucleo Anticontraffazioni Carabinieri) e Noe (Nucleo operativo ecologico), oltre all’attività dei Nas (Nucleo anti sofisticazioni).
- RAFFORZATO IL PRESIDIO TERRITORIALE
Viene potenziato il livello di presidio del territorio attraverso il rafforzamento dell’attuale assetto con la cooperazione della capillare rete di strutture dell'Arma, delle sue capacità investigative e delle sue proiezioni internazionali per le attività preventive e repressive.
- MANTENUTA LA SPECIALIZZAZIONE
Nel nuovo comando viene assicurata la specializzazione attraverso l'impiego del personale del Cfs e anche i nuovi immessi verranno specificamente formati, così da garantire un alto livello professionale nelle materie agroambientali.
- VALORIZZATE LE PROFESSIONALITÁ
Il personale mantiene le competenze possedute e viene impiegato nell’attuale sede di lavoro e incarico ricoperto. Nascono per questa ragione i Ruoli forestali nell’Arma. Anche le progressioni di carriera vengono salvaguardate rispettando i criteri attualmente esistenti. La riorganizzazione prevede poi il trasferimento di 750 agenti ad altre forze di polizia o amministrazioni.
- EFFICIENTATI I COSTI E CONFERMATA LA DIPENDENZA FUNZIONALE DAL MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE
Con la riorganizzazione del Cfs e le altre misure contenute nel decreto legislativo vengono efficientati i costi di gestione. Il nuovo comando è posto alle dipendenze funzionali del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali a conferma dello stretto collegamento del comparto di specialità con le competenze, le tematiche e gli obiettivi del Ministero.
Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali rende noto che con l’approvazione della Riforma della Pubblica Amministrazione nasce il Comando per la Tutela Forestale, Ambientale e Agroalimentare, attraverso la riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato all’interno dell’Arma dei Carabinieri. “Con la riforma – ha dichiarato il Ministro Maurizio Martina – riorganizziamo le funzioni di polizia impegnate sul fronte agroambientale, dotando l'Italia di una moderna struttura in grado di assicurare sempre meglio prevenzione e repressione su questo fronte. Uniamo le forze e potenziamo gli strumenti operativi. Il nuovo Comando assicurerà professionalità, specializzazione e un ramificato presidio del territorio rappresentando di certo una delle esperienze più avanzate d'Europa”.
LE PRINCIPALI NOVITÁ DELLA RIORGANIZZAZIONE
- POTENZIATA LA TUTELA AGROAMBIENTALE
Dalla riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato nell’Arma dei Carabinieri nasce il Comando per la Tutela Forestale, Ambientale e Agroalimentare. Una grande forza che potenzia le capacità dell'Italia di preservare e difendere il suo patrimonio paesaggistico, ambientale e agroalimentare. 7 mila uomini specializzati impiegati sul campo.
- PERCHÈ I CARABINIERI
L’Arma dei Carabinieri, per il modello organizzativo e operativo di presidio del territorio, garantisce il più alto livello di potenziamento della tutela agroambientale. Negli anni proprio i Carabinieri hanno sviluppato anche competenze specifiche in questo campo con Nuclei specializzati come i Nac (Nucleo Anticontraffazioni Carabinieri) e Noe (Nucleo operativo ecologico), oltre all’attività dei Nas (Nucleo anti sofisticazioni).
- RAFFORZATO IL PRESIDIO TERRITORIALE
Viene potenziato il livello di presidio del territorio attraverso il rafforzamento dell’attuale assetto con la cooperazione della capillare rete di strutture dell'Arma, delle sue capacità investigative e delle sue proiezioni internazionali per le attività preventive e repressive.
- MANTENUTA LA SPECIALIZZAZIONE
Nel nuovo comando viene assicurata la specializzazione attraverso l'impiego del personale del Cfs e anche i nuovi immessi verranno specificamente formati, così da garantire un alto livello professionale nelle materie agroambientali.
- VALORIZZATE LE PROFESSIONALITÁ
Il personale mantiene le competenze possedute e viene impiegato nell’attuale sede di lavoro e incarico ricoperto. Nascono per questa ragione i Ruoli forestali nell’Arma. Anche le progressioni di carriera vengono salvaguardate rispettando i criteri attualmente esistenti. La riorganizzazione prevede poi il trasferimento di 750 agenti ad altre forze di polizia o amministrazioni.
- EFFICIENTATI I COSTI E CONFERMATA LA DIPENDENZA FUNZIONALE DAL MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE
Con la riorganizzazione del Cfs e le altre misure contenute nel decreto legislativo vengono efficientati i costi di gestione. Il nuovo comando è posto alle dipendenze funzionali del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali a conferma dello stretto collegamento del comparto di specialità con le competenze, le tematiche e gli obiettivi del Ministero.
venerdì 22 gennaio 2016
NUTRIE - CASELLI A COLDIRETTI: LA REGIONE GIÀ AL LAVORO SUL PIANO REGIONALE DI CONTENIMENTO
Fonte: Giunta Regionale - Agenzia di Informazione e Comunicazione
Con il nuovo strumento possibilità di intervenire in modo organico su tutto il territorio emiliano-romagnolo
“Stiamo già lavorando alla redazione del Piano regionale per il contenimento delle nutrie sul territorio emiliano-romagnolo, uno strumento che è stato introdotto dal Collegato ambientale alla legge di Stabilità, grazie al quale potremo operare in modo organico e omogeneo, ovviando alle inevitabili difficoltà operative riscontrate specialmente dai piccoli Comuni.” E’ quanto precisa l’assessore regionale all’agricoltura, caccia e pesca Simona Caselli in risposta al presidente della Coldiretti Emilia-Romagna Mauro Tonello. “Tuttavia - ricorda Caselli - prima di arrivare all’adozione del Piano occorre rispettare alcuni passaggi, in particolare va acquisito il parere Ispra e va effettuata la valutazione d’incidenza con l’esame delle misure specifiche di conservazione nei Siti di importanza Comunitaria e nelle Zone di protezione Speciale”. Il Collegato ambientale alla legge di Stabilità, approvato il 28 dicembre e non ancora pubblicato, pur confermando la classificazione delle nutrie tra le specie infestanti, introduce la possibilità di ricorrere a piani di contenimento approvati dalle Regioni con le stesse modalità previste per la fauna selvatica. Fino alla pubblicazione del Collegato ambientale e all'adozione del Piano regionale, rimangono in vigore in Emilia-Romagna, senza dunque vuoto normativo, i Piani comunali che sono stati redatti in base alle linee guida regionali approvate dall’Ispra. In base a tali Piani, possono attuare il contenimento dei roditori le guardie provinciali, gli operatori muniti dalle province di specifica abilitazione e gli agricoltori con licenza di caccia sul proprio fondo. Con la legge nazionale dell'agosto 2014, le nutrie, prima comprese tra la fauna selvatica, sono state classificate tra le specie infestanti al pari di topi e ratti e le competenze in materia sono passate ai Comuni.
Con il nuovo strumento possibilità di intervenire in modo organico su tutto il territorio emiliano-romagnolo
“Stiamo già lavorando alla redazione del Piano regionale per il contenimento delle nutrie sul territorio emiliano-romagnolo, uno strumento che è stato introdotto dal Collegato ambientale alla legge di Stabilità, grazie al quale potremo operare in modo organico e omogeneo, ovviando alle inevitabili difficoltà operative riscontrate specialmente dai piccoli Comuni.” E’ quanto precisa l’assessore regionale all’agricoltura, caccia e pesca Simona Caselli in risposta al presidente della Coldiretti Emilia-Romagna Mauro Tonello. “Tuttavia - ricorda Caselli - prima di arrivare all’adozione del Piano occorre rispettare alcuni passaggi, in particolare va acquisito il parere Ispra e va effettuata la valutazione d’incidenza con l’esame delle misure specifiche di conservazione nei Siti di importanza Comunitaria e nelle Zone di protezione Speciale”. Il Collegato ambientale alla legge di Stabilità, approvato il 28 dicembre e non ancora pubblicato, pur confermando la classificazione delle nutrie tra le specie infestanti, introduce la possibilità di ricorrere a piani di contenimento approvati dalle Regioni con le stesse modalità previste per la fauna selvatica. Fino alla pubblicazione del Collegato ambientale e all'adozione del Piano regionale, rimangono in vigore in Emilia-Romagna, senza dunque vuoto normativo, i Piani comunali che sono stati redatti in base alle linee guida regionali approvate dall’Ispra. In base a tali Piani, possono attuare il contenimento dei roditori le guardie provinciali, gli operatori muniti dalle province di specifica abilitazione e gli agricoltori con licenza di caccia sul proprio fondo. Con la legge nazionale dell'agosto 2014, le nutrie, prima comprese tra la fauna selvatica, sono state classificate tra le specie infestanti al pari di topi e ratti e le competenze in materia sono passate ai Comuni.
NUTRIE: HANNO GIÀ INVASO METÀ TERRITORIO EMILIA ROMAGNA
Fonte: Coldiretti Emilia - Romagna
RIPARTIRE CON PIANI DI ABBATTIMENTO REGIONALI COME PREVISTO DAL COLLEGATO AMBIENTALE DELLA LEGGE DI STABILITÀ
Ripartire al più presto con il piano regionale di abbattimento delle nutrie. È quanto chiede Coldiretti Emilia Romagna alla luce del Collegato Ambientale della Legge di Stabilità pubblicato giovedì 21, che consente di ricorrere a piani di contenimento approvati dalle Regioni con le stesse modalità previste per la fauna selvatica. Dopo la declassificazione delle nutrie da fauna selvatica a specie infestante (a livello quindi di topi e ratti) – ricorda Coldiretti – la lotta contro questi animali è passata dal livello regionale a livello dei Comuni, con grandi difficoltà anche finanziarie per procedere con i piani di abbattimento, con la conseguenza che è continuata la proliferazione di una specie animale che tra il 2003 e il 2014 ha fatto all’agricoltura danni per 2,5 milioni di euro, cui si aggiungono oltre 2 milioni per danni a canali e strutture, senza calcolare i danni (non rilevabili) ai mezzi agricoli che hanno avuto incidenti a causa degli buchi nei terreni e nelle strade di campagna.. Le nutrie in Emilia Romagna – ricorda Coldiretti regionale – occupano ormai tutto il territorio di pianura e di fatto hanno invaso già metà del territorio regionale: si tratta di oltre un milione di ettari sui 2,2 milioni di superficie totale. Per quanto riguarda le colture agricole, la nutria danneggia soprattutto mais, cereali, orticole e barbabietola da zucchero. Per i corsi d’acqua, i danni maggiori sono causati dalle gallerie delle tane che indeboliscono gli argini e le scarpate, che spesso crollano all’arrivo delle piogge, con rischi di allagamenti di terreni agricoli, ma anche di aree abitate, come è avvenuto esattamente un anno fa nel territorio modenese, dove purtroppo ha perso la vita anche una persona.
“È necessario – afferma il presidente di Coldiretti Emilia Romagna, Mauro Tonello – ripartire con un piano di eradicazione adeguato per liberare fiumi, canali e campagne da questo animale. Oltre ai danni all’agricoltura, che non vengono più risarciti da quando è stata classificata come specie infestante, la nutria è dannosa anche per la biodivesità perché dove si diffonde, fa sparire altre specie animali, e sta diventando sempre più dannosa oasi ambientali come Punta Alberete e persino le aree verdi di siti Unesco, come il parco del Mausoleo di Teodorico o, ancora, i giardini della Rocca Brancaleone, nel ravennate”.
“Danni e problemi – evidenzia il presidente di Coldiretti Ferrara, Sergio Gulinelli – chesignificano difficoltà e disagi nelle campagne, oneri complessivi per maggiori costi di manutenzione e ripristino di arginature dei canali ed indebolimento delle strade adiacenti ai corsi d’acqua, che ricadono sia costi della Bonifica, sia dei comuni e quindi a carico di tutti i cittadini. La diffusione della specie nelle aree di protezione ambientale, come le zone SIC e ZPS, oltre che nell’area del Parco del Po e delle oasi di protezione, genera inoltre un serio rischio di squilibrio nei confronti delle specie autoctone, in particole dell’avifauna, non avendo la nutria predatori naturali in grado di contenerne realmente la popolazione. Siamo quindi convinti che occorra mettere in campo ogni azioneutile alla limitazione della presenza di questi animali, sino alla loro eradicazione da un contesto ambientale che non è il loro, soprattutto nellanostra provincia, così fragile dal punto di vista dell’equilibrio idraulico e tra i più interessati dalla presenza di nutrie ed altre specie invasive che anno dopo anno stanno impoverendo la biodiversità nei confronti di altre specie con danni a coltivazioni e territorio, come i siluri, i gamberi killer, i cormorani, i corvidi e gli storni, solo per citare i principali. Nello stesso tempo devono essere ben chiare le regole e le modalità con le quali operare per riequilibrare il più possibile la situazione, con chiare competenze in capo ai diversi soggetti interessati (agricoltori, cacciatori, coadiutori, ecc.). Chiediamo però – conclude Gulinelli – che si passi in fretta dalle parole ai fatti, non possiamo permetterci il lusso di stare a guardare mentre le nutrie aumentano di numero e quindi anche i danni prodotti. Condividiamo appieno quanto richiesto dal nostro presidente regionale, Mauro Tonello, ovvero la necessità di ripartire con un piano di eradicazione adeguato per liberare fiumi, canali e campagne da questo animale. Oltre ai danni all’agricoltura, che non vengono più risarciti da quando è stata classificata come specie infestante, deve essere chiaro alla Regione che occorre evitare anche tutti gli altri danni e problemi ben noti”.
RIPARTIRE CON PIANI DI ABBATTIMENTO REGIONALI COME PREVISTO DAL COLLEGATO AMBIENTALE DELLA LEGGE DI STABILITÀ
Ripartire al più presto con il piano regionale di abbattimento delle nutrie. È quanto chiede Coldiretti Emilia Romagna alla luce del Collegato Ambientale della Legge di Stabilità pubblicato giovedì 21, che consente di ricorrere a piani di contenimento approvati dalle Regioni con le stesse modalità previste per la fauna selvatica. Dopo la declassificazione delle nutrie da fauna selvatica a specie infestante (a livello quindi di topi e ratti) – ricorda Coldiretti – la lotta contro questi animali è passata dal livello regionale a livello dei Comuni, con grandi difficoltà anche finanziarie per procedere con i piani di abbattimento, con la conseguenza che è continuata la proliferazione di una specie animale che tra il 2003 e il 2014 ha fatto all’agricoltura danni per 2,5 milioni di euro, cui si aggiungono oltre 2 milioni per danni a canali e strutture, senza calcolare i danni (non rilevabili) ai mezzi agricoli che hanno avuto incidenti a causa degli buchi nei terreni e nelle strade di campagna.. Le nutrie in Emilia Romagna – ricorda Coldiretti regionale – occupano ormai tutto il territorio di pianura e di fatto hanno invaso già metà del territorio regionale: si tratta di oltre un milione di ettari sui 2,2 milioni di superficie totale. Per quanto riguarda le colture agricole, la nutria danneggia soprattutto mais, cereali, orticole e barbabietola da zucchero. Per i corsi d’acqua, i danni maggiori sono causati dalle gallerie delle tane che indeboliscono gli argini e le scarpate, che spesso crollano all’arrivo delle piogge, con rischi di allagamenti di terreni agricoli, ma anche di aree abitate, come è avvenuto esattamente un anno fa nel territorio modenese, dove purtroppo ha perso la vita anche una persona.
“È necessario – afferma il presidente di Coldiretti Emilia Romagna, Mauro Tonello – ripartire con un piano di eradicazione adeguato per liberare fiumi, canali e campagne da questo animale. Oltre ai danni all’agricoltura, che non vengono più risarciti da quando è stata classificata come specie infestante, la nutria è dannosa anche per la biodivesità perché dove si diffonde, fa sparire altre specie animali, e sta diventando sempre più dannosa oasi ambientali come Punta Alberete e persino le aree verdi di siti Unesco, come il parco del Mausoleo di Teodorico o, ancora, i giardini della Rocca Brancaleone, nel ravennate”.
“Danni e problemi – evidenzia il presidente di Coldiretti Ferrara, Sergio Gulinelli – chesignificano difficoltà e disagi nelle campagne, oneri complessivi per maggiori costi di manutenzione e ripristino di arginature dei canali ed indebolimento delle strade adiacenti ai corsi d’acqua, che ricadono sia costi della Bonifica, sia dei comuni e quindi a carico di tutti i cittadini. La diffusione della specie nelle aree di protezione ambientale, come le zone SIC e ZPS, oltre che nell’area del Parco del Po e delle oasi di protezione, genera inoltre un serio rischio di squilibrio nei confronti delle specie autoctone, in particole dell’avifauna, non avendo la nutria predatori naturali in grado di contenerne realmente la popolazione. Siamo quindi convinti che occorra mettere in campo ogni azioneutile alla limitazione della presenza di questi animali, sino alla loro eradicazione da un contesto ambientale che non è il loro, soprattutto nellanostra provincia, così fragile dal punto di vista dell’equilibrio idraulico e tra i più interessati dalla presenza di nutrie ed altre specie invasive che anno dopo anno stanno impoverendo la biodiversità nei confronti di altre specie con danni a coltivazioni e territorio, come i siluri, i gamberi killer, i cormorani, i corvidi e gli storni, solo per citare i principali. Nello stesso tempo devono essere ben chiare le regole e le modalità con le quali operare per riequilibrare il più possibile la situazione, con chiare competenze in capo ai diversi soggetti interessati (agricoltori, cacciatori, coadiutori, ecc.). Chiediamo però – conclude Gulinelli – che si passi in fretta dalle parole ai fatti, non possiamo permetterci il lusso di stare a guardare mentre le nutrie aumentano di numero e quindi anche i danni prodotti. Condividiamo appieno quanto richiesto dal nostro presidente regionale, Mauro Tonello, ovvero la necessità di ripartire con un piano di eradicazione adeguato per liberare fiumi, canali e campagne da questo animale. Oltre ai danni all’agricoltura, che non vengono più risarciti da quando è stata classificata come specie infestante, deve essere chiaro alla Regione che occorre evitare anche tutti gli altri danni e problemi ben noti”.
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